SEO nel 2025 e oltre: Come sta evolvendo? Cosa fa la differenza?

La SEO sta evolvendo, come sempre. In questo articolo rifletto su quello che penso conti di più nei prossimi anni con arrivo del’IA, ripartendo dai 5 segnali che gli algoritmi considerano per posizionare i contenuti nei risultati di ricerca.

  • L’intento di ricerca diventa ancora più importante per diversificare i contenuti e andare a cogliere il profondità cosa cerca l’utente, laddove contenuti generici con informazioni facilmente reperibili (grazie all’utilizzo dell’IA) inondano il web. A lungo termine, gli esperti di settore avranno un vantaggio competitivo maggiore.
  • Personalizzazione dei contenuti grazie all’intento e alla qualità
  • Autorità di nicchia: I grandi brand diventano più grandi ancora
  • Se il tuo sito non è accessibile a persone con disabilità, questo è il momento di migliorarlo

Ripartiamo dalle basi.

Google rilascia periodicamente diversi aggiornamenti. Lo scopo di questi aggiornamenti è quello di migliorare la qualità dei risultati di ricerca.
Con migliorare la qualità voglio dire che Google cerca di capire sempre meglio, sempre più in profondità cosa vuole trovare l’utente.

Questo significa soddisfare la ricerca.

Tutti gli sforzi di Google sono volti a migliorare i risultati di ricerca in modo da rispondere meglio alle ricerche. Questo fa si che gli utenti continuino a utilizzare la piattaforma.

I principali segnali che Google prende in considerazione quando posiziona i contenuti nei risultati di ricerca sono cinque.

Questi 5 sono anche l’oggetto dei “core” e “helpful content” updates. Quindi seguendo queste cinque stelle, si migliora la SEO nel 2025.

I 5 segnali che Google utilizza per posizionare i risultati

I 5 segnali che Google prende in considerazione

Senso

Capire il senso della ricerca. Google ha costruito un sistema (un large language model), in grado di capire il senso delle ricerche effettuate. Errori ortografici, parole correlate o sinonimi, Google prende in considerazione queste eventuali varianti e restituisce risultati accurati. Questo significa che il sistema non si ferma alle parole digitate nella barra di ricerca, ma ne capisce l’intento, quello che l’utente intende trovare. Le parole (la query di ricerca) è il mezzo, non il fine.

Ecco che l’intento di ricerca diventa fondamentale.

La query contiene parole che lasciano intendere che l’utente cerca immagini, locali, video? Google lo capisce e restituisce risultati che meglio rispondono all’intento di ricerca, non alle parole utilizzate per la ricerca.

Penso che l’intento di ricerca già uno dei pilastri della SEO, diventi ancora più importante nel 2025. Penso alla quantità di contenuti generici che i vari strumenti d’intelligenza artificiale sono in grado di sfornare. Ora ci vuole un attimo a tirare su un blog pieno di contenuti scritti con chatGPT o altri strumenti. Non penso che il problema sia l’utilizzo di strumenti con intelligenza artificiale, ma il fatto che l’utilizzatore medio di questi strumenti, non esperto della nicchia in cui opera (data la facilità nel reperire le informazioni) crei contenuti generici, non rispondendo pienamente all’intento di ricerca, ma toccandone solamente la superficie.

Penso che ci saranno molti più contenuti standardizzati perché se tutti utilizzano l’IA, indipendentemente dallo strumento utilizzato, questa IA darà le stesso risposte (con parole diverse) a tutti. Quindi tutti avranno gli stessi contenuti. Questo è problematico per Google perché per scegliere come posizionarli deve fare più affidamento ad altri fattori (come esperienza e autorevolezza di brand affermati per esempio).

Ecco che conoscere a fondo il proprio pubblico e sapere cogliere l’intento delle loro ricerche diventa un elemento di diversificazione. Conoscere a fondo il proprio pubblico, capire quali problemi vuole risolvere veramente, capire cosa sta cercando di risolvere esattamente con una query, questo sarà un elemento che diversificherà i contenuti autentici, scritti da esperti del settore da quei contenuti generici che tutti possono scrivere grazie all’IA (piccola parentesi, per dire che il problema non è l’IA in se, ma l’utilizzo superficiale che se ne fa).

Se Google aggiorna i suoi sistemi per meglio comprendere il senso delle ricerche allora anche noi dobbiamo capire meglio il senso delle ricerche.

Pertinenza

Di cosa tratta questa pagina? Offre quello che l’utente si aspetta di trovare con la sua ricerca?

Questo punto è molto collegato a quello precedente. Se da una parte il motore di ricerca cerca di capire che cosa si aspetta di trovare l’utente, dall’altra esamina le pagine disponibili sul web che possono soddisfare la ricerca.

Come detto poco fa, l’intento di ricerca è fondamentale.

Ma c’è di più. Ci sono altri segnali che Google utilizza per capire di cosa tratta una pagina e comprenderne il significato in profondità. Tanto in profondità quanto lo fa per capire l’intento delle ricerche. Questo match è fondamentale per offrire risultati accurati.

Come tutti ben sappiamo, ci sono le abusate parole chiave, title tag, headings, anchor text e tutti gli elementi della SEO on page che tutti conosciamo. Questi elementi, seppur ancora rilevanti, stanno perdendo importanza nel tempo, grazie anche all’abuso e l’iper-ottimizzazione che se ne fa, non con lo scopo di cogliere a pieno l’intento della ricerca, ma quello di migliorare il posizionamento organico. Questi elementi sono facilmente modificati, figuriamoci ora con i vari strumenti per creare contenuti con l’IA che ci dicono esattamente quali parole chiave sono le più utilizzate dai primi 10 risultati, quanto lunghi sono i contenuti, quali sono gli argomenti più gettonati che appaiono in tutti i primi risultati nelle ricerche.

Ma come già detto, tutti (o quasi) sono in grado di modificare elementi della SEO on page e utilizzare questi strumenti. Allora che differenza faranno questi contenuti scritti tutti nello stesso modo, con gli stessi strumenti e tutti iper-ottimizzati per posizionarsi meglio?

Penso che, siccome qua si tratta di elementi un po più tecnici, più controllabili da noi, l’affidamento che Google farà di questi elementi non aumenterà. Questo perché il fine di molti SEO non sono appunto gli utenti finali, ma il posizionamento dei risultati. Finché il fine è il posizionamento anziché la soddisfazione dell’utente, come può Google fidarsi delle nostre iper-ottimizzazioni?

Penso che se dovessi puntare su alcuni di questi elementi più tecnici, questi sono i dati strutturati (schema markup). Non tanto quelli che ci permettono di migliorare la grandezza e la presenza dei risultati di ricerca (penso alle FAQ di qualche anno fa) ma quelli che possono aiutare Google a capire meglio il significato e il contenuto delle pagine. Qui si trova la pertinenza infatti. I nostri contenti sono dati non strutturati, noi possiamo renderli strutturati.

Seppure anche i dati strutturati sono una componente tecnica e alterabile, questi servono a strutturare i contenuti delle pagine, a migliorarne la comprensione. Non possiamo strutturare contenuti non presenti nelle pagine (si strutturano contenuti esistenti). Questo vincolo, li rende meno modificabili a piacimento, quindi meno soggetti al fine del posizionamento organico (che comunque indirettamente arriva se stiamo soddisfacendo l’intento di ricerca). Perlomeno fino a che tutti cominceremo a iper-ottimizzare anche questi.

Qualità

La pagina dimostra competenza, autorevolezza e affidabilità (I famosi EEAT: Experience, Expertise, Authoritativeness,e Trustworthiness)?


Qua c’è poco da dire. Pilastro fondamentale da anni che sta prendendo sempre più valore: la qualità dei contenuti. Siamo sempre lì: soddisfa l’utente non il posizionamento.

D’importanza crescente perché proprio ora che i contenuti generici spopolano grazie all’IA, la differenza la fa chi è in grado di comprendere a pieno utente, soddisfare il suo intento e offrire un contenuto di qualità.

Nell’ultimo periodo Google sembra stia facendo più affidamento a brand conosciuti e rinomati. Non c’è da stupirsi: se un brand è diventato grande probabilmente ha dimostrato competenza, autorevolezza, esperienza e affidabilità costante nel tempo. È quindi più facile fidarsi di quelli già affermati piuttosto che di quelli sconosciuti. Ecco che i link esterni sono sempre importanti, se tutti linkano al tuo sito, evidentemente ne sai qualcosa.

I link non sono l’unico elemento però. Riguardo la qualità dei contenuti si apre un mondo tant’è che Google rilascia degli aggiornamenti chiamati proprio ‘Helpful content updates’. C’è anche un team di quality raters pagati per valutare la qualità dei risultati, le cui linee guida sono ben note.

Google ha anche rilasciato una checklist utile per valutare la qualità dei propri contenuti che possiamo utilizzare tutti.

(Tutti I link alle risorse sono alla fine dell’articolo).

Usabilità

La pagina è user-friendly? Ottimizzata per I dispositive mobile? Carica velocemente? I famosi Core Web Vitals? L’accessibilità dei contenuti come sta?


Torniamo in una zona più tecnica. Proprio perché tecnica, di nuovo torniamo su qualcosa che tutti possono migliorare imparando (non che tutti lo facciano) quindi difficile che faccia la differenza. O meglio fa la differenza quando tutti gli altri fattori visti sopra sono simili in tutti i risultati. Parliamo di velocità di caricamento, ottimizzazione per i dispositivi mobile, l’accessibilità dei contenuti (per gli utenti non accessibilità per Google), i famosi Core Web Vitals.

Penso che questi segnali debbano essere ottimizzati a prescindere. O meglio, nel 2025 (e oltre) qualsiasi progetto dovrebbe nascere con in mente l’esperienza mobile, l’accessibilità, la velocità di caricamento. Sono tutti elementi che sono stati più o meno importanti in passato e lo sono ancora. Non voglio dire che ora non siano più importanti, ma voglio dire che se siamo ancora fermi a questi punti, siamo in ritardo. Ogni progetto dovrebbe partire con queste basi o sarebbe meglio partisse con queste basi.

Inoltre nel 2025 entrerà in vigore l’European Accessibility Act che richiede ai prodotti e servizi comuni di essere facilmente accessibili a persone con disabilità. Quindi se i tuoi contenuti non sono ancora accessibili, è il momento di farli diventare accessibili.

Per la page experience anche qui Google ha rilasciato una checklist che tutti possiamo utilizzare. Link in fondo al testo.

Contesto

Quali ricerche ha effettuato l’utente in passato? Dove si trova?
Praticamente Google utilizza informazioni come la localizzazione dell’utente, la cronologia di ricerca, e le impostazioni di ricerca per personalizzare i risultati.

Queste sono informazioni che Google raccoglie autonomamente. Avrai sentito parlare di Google My Business e di local SEO. Sono sempre importanti ovviamente. Penso che siano la base di una strategia SEO soprattutto per attività locali, medio piccole, che servono un’area geografica ben definita.

Penso che al momento le raccomandazioni qui siano sempre le stesse. Nel 2024 Google è stato costretto a rimuovere i risuolati di Google Maps dai risultati di ricerca (Digital Markets Act, link in fondo), anche se ora riappaiono come luoghi (Places) quindi in sostanza non c’è molta differenza.

Tuttavia per alcune ricerche (o perlomeno così è stato per qualche tempo), la famosa mappa (ora luoghi), non appare, ma appaiono i classici link blu. Ecco che le pagine dedicate ai servizi offerti localmente rimangono importanti (o tornato – dipende dai punti di vista), magari con l’aggiunta di dati strutturati.

Cosa ne pensi tu?

Tutti i link promessi:

Ho preso spunto da:

Ideato e scritto a mano da: Jannis Kiriasis

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